Arnaldo da Brescia

Arnaldo da Brescia

predicatore contro le istituzioni della Chiesa, la sua ricchezza e fortemente anti papale

Arnaldo da Brescia (Brescia 1090 – Roma 1155) da canonico si reca a Parigi per seguire gli insegnamenti di Pietro Abelardo, un teologo al limite con l’eresia in quanto seguiva una lettura razionale della Bibbia anteponendo la ragione alla fede. Arnaldo era di idee simili a quelle patarine, fermamente convinto della Arnaldo da Brescianecessaria separazione tra Stato e Chiesa, contrario al potere temporale del papa e dei vescovi, al loro possedere beni materiali e della necessità per la Chiesa di un ritorno alle origini. Arnaldo si rivela però un uomo d’azione più che un teorico infatti, rientrato a Brescia nel 1119, fa parte di un movimento di canonici contro il vescovo di Brescia Manfredo, accusato di possedere ricchezze e di interessarsi di politica; nel 1139 le sue idee e quelle di Abelardo vengono considerate eretiche dal Concilio Lateranense II e papa Innocenzo II lo fa espellere dalla città con divieto di predicare. Torna quindi in Francia dove partecipa al concilio di Sens nel 1140 e, al fianco di Abelardo, si scontra con Bernardo di Chiaravalle, il fondatore dei Cistercensi; viene quindi condannato con il suo maestro al perpetuo silenzio in un monastero, ma lui invece si reca a Parigi e continua a predicare, Bernardo allora si rivolge a re Luigi VII e riesce così ad ottenere la sua espulsione dalla Francia; Arnaldo va prima a Zurigo e poi in Boemia nel 1143, dove viene accolto da Guido di Castello, futuro papa Celestino II mentre, nello stesso anno, avveniva la rivolta di Roma con la cacciata del pontefice e l’istituzione del libero Comune. In seguito Arnaldo da Brescia ottiene il perdono da papa Eugenio III a Viterbo e nel 1145, durante un pellegrinaggio, torna a Roma; qui si dedica con ardore ad un programma di radicale riforma della Chiesa che si collega alle idee del movimento patarino milanese; i suoi punti di base sono: la rinuncia della Chiesa alla ricchezza, il ritorno alla povertà evangelica, l’abbandono del potere temporale, la predicazione anche dei laici, la confessione praticata tra i fedeli e la non validità dei sacramenti elargiti da un clero non degno. A causa dei suoi comizi rivoluzionari e anti papali, nei quali asserisce la sacerdotalità di tutti i cristiani, viene scomunicato nel 1148 ma non perseguitato grazie alla popolarità di cui gode; insieme a dei suoi seguaci arriva anche a rivolgersi all’imperatore Federico Barbarossa affinchè venga a Roma per instaurare un potere laico in contrapposizione al papa. Nel 1152 papa Eugenio III riconosce il Comune di Roma come entità politica ma nel 1155 papa Adriano IV, a causa dell’uccisione di un cardinale, colpisce d’interdetto Roma con la promessa di revocarlo solo dopo che Arnaldo fosse stato esiliato; il popolo allora si schiera contro di lui che a questo punto scappa verso il nord Italia, ma viene catturato e consegnato da Federico Barbarossa ai cardinali, come segno di alleanza. Nello stesso anno Arnaldo da Brescia viene processato dal tribunale ecclesiastico e condannato all’impiccagione, viene poi cremato e le sue ceneri sparse nel Tevere.

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