I Boccacci

Antiche famiglie nella storia di Brescia e del lago di Garda

La famiglia Boccacci, di cui si hanno notizie antichissime, era tra le più eminenti fra i valvassori del Vescovo-conte; un Boccaccio da Manerbio, forse dello stesso ceppo dei Luzzago, o dei Confalonieri (v. stemma simile), fu console del Comune di Brescia nel 1168, quindi di parte guelfa come allora erano quasi tutte le famiglie dei nostri valvassori; poi le sorti della politica cttadina cambiarono e i Boccacci furono tra i più in vista nella parte ghibellina. Al tempo del vescovo Berardo Maggi essi erano già investiti del feudo di Castel Venzago; nel secolo XIV presero parte alle lotte intestine finché, con l’avvento di Pandolfo Malatesta, avendo favorito l’impresa di Facino Cane, la loro sorte cambiò ed ebbe inizio la decadenza. Nel 1412 il podestà di brescia, in nome di Pandolfo, dichiarò ribelli Caterina, vedova di Giacomo assieme ai quattro figli: Giuliano con la moglie Luchina, Martino, Lorenzo e Margherita, ed inoltre Franceschina, vedova di Guido (forse fratello di Giacomo) coi figli Filiperio, Oria e Zia. Fuggiti nel Veronese essi tentarono poi di ritornare e conquistare Desenzano, Rivoltella e Castel Venzago. Respinti, tutti i loro beni vennero confiscati e divisi fra il marchese di Mantova e il Comune di Lonato, il quale poi comperò la parte dei Gonzaga per 950 ducati d’oro. Durante l’effimera signoria di Filippo Maria Visconti (1419-1426) i ghibellini ripresero vigoreed anche i Boccacci riconquistarono Castel Venzago e lo tennero fino al 1440. Il Comune di Lonato però non si arrese e ne nacque una lunga lite che fu risolta a vantaggio di Lonato; frattanto i Boccacci avevano dato fondo ai loro averi, già scossi da tante traversie. Sul principio del sec. XVI mal ridotti nelle finanze, si affidarono ad un Averoldi quale mediazione. Non si sa come l’Averoldi nel 1539 ottenne quanto si desiderava, e venne ordine da Roma al Comune di Lonato di restituire il feudo pena la scomunica contro gli usurpatori. L’arciprete di Lonato non volle applicare la scomunica alla sua gente, anche perchè da Venezia era venuto l’ordine di non eseguire la scomunica romana. Si fecero pressioni su Branchino Boccacci (n. circa 1492) perchè desistesse dal voler applicare il mandato pontificio e questi, non si sa per quale ragione, con atto del 13 luglio 1540, rinunciò al mandato e la lunga lite ebbe termine. I Boccacci allora erano divisi in quattro rami e non avevano più la possibilità di affrontare nuove liti; la loro proprietà era tutta in Seniga fra la località di Regona e la Comella “sotto la inondazione”. Avevano contratto sempre buoni matrimoni con famiglie bresciane: una sorella di Nicola, Vittoria, sposò Gerardo Martinengo, Ancilla, Timoteo Appiani e Domitilla, Piero Caprioli; Alberico q. Nicola doveva essere figlio di Cigola, dalla quale ereditò un giardino “con certa casetta” in Mercato nuovo a sera (poiché confinava con la strada a monte e mezzodì si può ritenere che fosse quell’orto oggi di proprietà Fenaroli). Egli poi possedeva in Seniga altre ai terreni una casa padronale con giardino in piazza e “la cima di una torre dal mezzo in su, indivisa con gli eredi di Paolo Averoldi su un cantone del Castello”. Ma questo ramo di Alberico si spense in quel secolo XVI mentre continuòquello di Antonio col figlio Branchino, già noto; figlio di questi fu Orfeo (n. 1515) che aveva avuto dalla sposa Cecilia. Orfeo, dalla moglie Ginevra, ebbe due figli, Cesare (n. 1566) e Carlo ( n. 1575). In Brescia vivevano modestamente con una donna, in casa di affitto. Così la famiglia andò avanti ancora un secolo: Cesare q. Orfeosposò Giulia ed ebbe, fra altri figlil, Orfeo (n. 1606); questi fu padre di Carlo (n. 1635) il quale da Vittoria ebbe tre figli maschi: Pietro (n. 1676), Francesco (n. 1678) e Gerolamo (n. 1686), che furono gli ultimi della famiglia.

Fonti: Fausto Lechi “Dimore Bresciane, cinque secoli di storia”