Palazzo Bargnani-Valotti-Lechi

Si trova nella seconda quadra di Sant’Alessandro, l’antica contrada San Barnaba, lungo corso Magenta ad est del giardino di palazzo Martinengo da Barco.

Palazzo Bargnani-Valotti-Lechi ha una distribuzione a corte rettangolare con sviluppo in larghezza con un esteso fronte su strada che si articola con due ali speculari a due piani unite da un atrio colonnato. Il complesso ha un’articolazione abbastanza elaborata e stratificata nei secoli in quanto iniziata nel XVI secolo con la famiglia Bargnani e continuata fino al XX secolo. Inizialmente il palazzo risulta nel 1517 come dimora di un ramo della famiglia Bargnani, venduto nel 1764 ai conti Valotti che lo tennero fino al 1924 quando passò di mano alla famiglia Lechi. Sembra che l’opera di qualificazione cinquecentesca del complesso sia da attribuire a Camillo Bragnani, grazie ad una ricevuta di pagamento a Lattanzio Gambara per le decorazioni, datata 1563. Di questo periodo si conserva il portico dorico dell’ala che chiude la corte e le due sale poste alle sue spalle, una rettangolare con ampia volta a padiglione, l’altra quadrata irregolare, di pari profondità ornate dai dipinti del Gambara. Il palazzo è sicuramente a corte già nel XVI secolo, in quanto descritto come tale già nel 1534, ma molto probabilmente di dimensioni molto più ridotte; il notevole allargamento della corte è probabile che sia in parte del Settecento ed in parte a metà dell’Ottocento. La facciata di Palazzo Bargnani-Valotti-Lechi venne rivisitata dal Vantini durante i lavori di metà XIX secolo e ad inizio Novecento dal Tagliaferri con il suo arretramento atto all’ampliamento di corso Magenta; queste modifiche hanno reso impossibile una lettura esaustiva dell’impianto cinquecentesco.  Al suo interno, in alcune sale del piano terra, è ancora visibile parte della decorazione della seconda metà del Cinquecento: le raffigurazioni delle quattro stagioni, una figura allegorica sulla cappa del camino, dei sopraporte, altre figure allegoriche femminili. Gli autori delle decorazioni, originariamente molto estese, sono inizialmente di Girolamo Romanino insieme a Lattanzio Gambara, in un secondo tempo esclusivamente del secondo artista.