Palazzo Calzaveglia

Edificio originario del Quattrocento situato nella seconda quadra di San Giovanni, prossima alla zona degli affari e dei mercati della città; una delle prime aree dove le nobili famiglie bresciane iniziano a costruire i loro palazzi al di fuori della cittadella vecchia e nuova.

Palazzo Calzaveglia è un chiaro esempio del primo stile rinascimentale in un edificio civile, fatto costruire da Bartolomeo Calzaveglia con delibera del Consiglio Generale in data 29 ottobre 1484, sembra sul luogo ove sorgeva l’edificio dove dimorò nel 1258 Ezzelino da Romano; luogo che al tempo era di Bartolomeo era di nuova colonizzazione da parte delle famiglie nobili della città e che qui decisero di costruire i loro palazzi. I Calzaveglia dovevano essere una famiglia molto ricca ed in ottima posizione nel XIV secolo, affermatasi già nel XIII secolo, ne rimane una bella pietra tombale nella chiesa di S.Francesco, dove era il sepolcro di famiglia fato fare da Pietro q. Alberto nel 1340 con l’antico stemma di tre gigli d’oro in campo azzurro col capo di Francia (qui però cancellato) forse a ricordare una qualche investitura angioina. Palazzo Calzaveglia è stato attribuito all’artista milanese Filippo De Grassi, o al suo collaboratore bresciano, Antonio da Zurlengo; la facciata, prima dei bombardamenti del 1945 doveva essere completamente affrescata, ne rimangono tracce sull’intonaco. E’ rimasto ad arricchire la facciata il bel portale sormontato dalla finestra bifora, affiancato da due lesene scanalate con capitelli corinzi che sostengono una trabeazione leggera e sporgente, tra loro e l’arco si trovano due tondi concavi con le teste di due imperatori, motivo ricorrente in città. Sopra il portale, appoggiata sul frontone, si trova una bifora affiancata anch’essa da lesene scanalate come quelle del portale, mentre la colonnina centrale è liscia e alleggerisce l’insieme; le altre finestre sono decorate da una semplice cornice in pietra, ad esclusione delle due laterali del secondo piano, impreziosite da due balconcini di pietra traforata. La decorazione a fresco iniziava con uno zoccolo a riquadri semplici a piano terra seguito da una fascia con girali, poi tutto il campo dei due piani superiori era occupato da finte bugne alternate a dischi e terminava, sotto la gronda, con medaglioni, busti, festoni e girali, fra i quali si aprivano le finestrelle del solaio. Particolare originale: due grandi riquadri, di misure diverse, sui lati della bifora, tra i due piani alti, portavano varie figurazioni. All’interno palazzo Calzaveglia è stato completamente rifatto dopo la devastazione della guerra; il porticato a tre campate, sormontato da una loggietta a sei campate, quasi coetaneo della facciata, è stato diligentemente riportato nel 1947 dal cortile di una casa situata in vicolo Due Torri. (Fonti Lechi , vol. II, pag. 246)