Vittoria Alata

Scoperta, assieme ad altro materiale, in un ripostiglio nascosto tra uno dei muri del Capitolium e la roccia del retrostante monte Cidneo durante gli scavi del 1823, è diventata il simbolo di Brescia

La Vittoria Alata di Brescia è una statua bronzea di 1.95 metri di altezza, raffigurante una donna ricoperta da una tunica e un mantello, rivolta leggermente a sinistra posta nell’atto di scrivere su un ipotetico scudo trattenuto con la mano sinistra e la gamba sinistra leggermente alzata, sembra appoggiata su un elmo; un tempo doveva essere rivestita d’oro. Rimasta nascosta per lungo tempo per proteggerla dal saccheggio o dalla distruzione, al momento del ritrovamento aveva le braccia e le ali accuratamente staccate, alcune dita rotte e mancavano l’elmo e lo scudo; questi ultimi risultano in alcune vecchie fotografie, ma sarebbero delle aggiunte fatte probabilmente nel 1838 su indicazione dello studioso Giovanni Labus ma successivamente andate perse si pensa durante lo spostamento della statua presso villa Fenaroli di Seniga nel 1940, quando la si volle proteggere  da un bombardamento aereo.

Sembra che al suo interno venne anche ritrovata una statua alta settanta centimetri in bronzo dorato che, grazie alla protezione del suo contenitore, si mantenne in ottimo stato di conservazione.

Sulla sua provenienza vi sono varie versioni: inizialmente era stata datata al I secolo d.C. ma studi successivi hanno rivisto questa datazione, ipotizzando che risalga al IV secolo a.C., alla scuola di Lisippo da Sicione, poi depredata dai Romani e portata a Roma; sarebbe arrivata poi a Brescia grazie a Vespasiano che l’avrebbe inserita nel suo tempio per onorare la sua vittoria. Nuove indagini successive affermano che in origine era la statua della dea Afrodite, senza ali e invece dello scudo teneva tra le mani un grande specchio ovale, risalente al III secolo a.C., sempre depredata dai Romani per portarla a Roma. Altra versione ritiene che sia stata prodotta nella prima metà del I secolo d.C. da un’officina di alto livello del nord Italia e che costituisce una variante della statua dell’Afrodite di Capua del IV secolo a.C. Una quarta riprende la versione dell’origine ellenica della metà del III secolo a.C. ma realizzata a Rodi oppure Alessandria d’Egitto, raffigurante Afrodite che si specchia nello scudo di Ares (Marte); la statua sarebbe stata portata a Roma da Augusto dopo la morte di Cleopatra nel 29 a.C. e da lui donata a Brixia forse in occasione del riconoscimento alla città di Colonia Augusta. La statua sarebbe poi stata fatta modificare nel I secolo d.C. quando, per celebrare la salita al trono di Vespasiano grazie alla vittoria di Marco Antonio Primo su Vitellio, venne rifatto il Foro romano di Brescia e costruito il tempio capitolino, luogo che ospitava la statua. La Vittoria Alata venne in seguito accuratamente nascosta probabilmente durante il III o V secolo.

Nell’Ottocento la sua fama era notevole, tanto che Napoleone III, in visita a Brescia nel giugno 1859 prima della battaglia di Solferino, la volle vedere e, colpito dalla sua bellezza, chiese di averne una riproduzione che ora si trova presso il museo del Louvre a Parigi; cortesia da lui ricambiata con l’omaggio di due grandi vasi in porcellana raffiguranti lui e la consorte, esposti al museo del Risorgimento a Brescia.